Andrea Grendele
Mi chiamo Andrea Grendele e sono un architetto, praticamente da quando sono nato… Ho seguito la professione di mio padre (e, in un certo senso, di mio nonno disegnatore…) respirando il profumo dei lucidi da disegno da quando avevo pochi anni.
Un mondo che mi ha sempre affascinato, nel quale vedevo trasformarsi in realtà quello che prima era solo disegnato su carta e ancor prima immaginato dalle parole appassionate di mio padre.
Lo guardavo, lo studiavo mentre lo sentivo ragionare ad alta voce su un’idea, per poi chinare la testa e cominciare a fare schizzi a matita su qualsiasi cosa gli capitasse tra le mani.
Un mondo che mi piaceva, con tutto quel materiale espressivo che ho cercato di approfondire negli aspetti che più mi interessavano (tanti!) tra cui il design d’interni.
Ho operato in molti settori dell’architettura e, appena avevo un attimo tra un progetto e l’altro, studiavo per approfondire ogni aspetto di quest’arte.
Sono stato in centinaia di case, non solo quelle da riviste ma anche negli spazi più semplici che comunque esprimevano bellezza e sapore.
La prima cosa che mi chiedevo era:
come è stato creato l’equilibrio tra gli oggetti, i colori e la luce, che vedo con i miei occhi e percepisco con il corpo?
All’inizio pensavo fosse una componente di genio, un talento innato che solo pochi avevano.
E io, a dir la verità, non mi sentivo uno di loro… Non tutto mi era facile e mi capitava di provare paura di fronte al foglio bianco.
Come potevo riuscire a ideare uno spazio veramente unico?
Non ti dico tutti i passaggi che ho affrontato, con tanta pazienza dei miei professori e dei miei mentori, ma sta di fatto che più approfondivo e più mi accorgevo che
l’architettura NON è data dall’estro dell’architetto,
ma da una precisa sequenza, da una specifica procedura.
Alcune sensibilità affioravano con l’esperienza e lo studio, ma sotto sotto percepivo sempre più chiaramente che i passaggi logici erano pochi e semplici, se posti nella sequenza corretta.
Solo in questo modo si creava la possibilità di dare vita a qualcosa di inaspettato e magico.
Chi sapeva esattamente cosa fare, e quando farlo, aveva la chiave giusta, perché era sicuro, al 100%, di riuscire a concepire uno spazio adatto al suo scopo, senza il minimo errore.
Cercando di andare alla sostanza e mettendomi nei panni di chi non sapesse nulla di architettura, ho distillato una procedura che ho chiamato METODO ACT.